10 Febbraio 2010
Un recente incontro tra i partner italiani del progetto Adriatic Danubian Clustering ha messo in luce la diversità delle modalità e delle esigenze che articolano l’internazionalizzazione ed in particolare quella dei distretti. Si va dalla necessità emergente nel Veneto di forme di integrazione “verticale” ed inter-settoriale tra distretti ad una visione più orizzontale e diffusa del distretto in Emilia Romagna. Ma una strategia meramente commerciale riduce l’internazionalizzazione a delocalizzazione in una logica di riduzione dei costi e/o di apertura del mercato. Questo limite dell’approccio rischia di aggiungersi ad altri noti vincoli all’internazionalizzazione delle imprese italiane che si confronteranno con imprese competitrici (e i loro sistemi istituzionali e territoriali ) in grado di proporsi al territorio ospite ed alle sue imprese in una logica di partenariato territoriale.
Un recente incontro tra i partner italiani del progetto Adriatic Danubian Clustering ha messo in luce una volta di più la diversità delle modalità in cui si articola sul territorio nazionale il processo d’internazionalizzazione ed in particolare quello dei distretti. Il confronto tra i rappresentanti delle regioni partner di Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna e Molise ha, infatti, permesso di identificare caratteristiche ed esigenze diverse a livello di potenziale cooperazione transnazionale tra distretti. Si va dalla necessità emergente nel Veneto di forme di integrazione “verticale” tra distretti appartenenti a settori diversi (agro-alimentare e meccanica; meccanica e ceramica; ecc) ad una visione più orizzontale e diffusa dell’internazionalizzazione del distretto in Emilia Romagna. L’approccio prevalente è ancora quello cosiddetto market-seeking ed anche l’investimento diretto all’estero è spesso orientato da una logica puramente commerciale; inoltre, soprattutto in Veneto, i distretti sono sovente troppo polverizzati per esprimere una propria coerente strategia e capacità di internazionalizzazione e le medie imprese presenti nel distretto spesso si muovono da sole, senza coinvolgere l’indotto distrettuale.
Il più noto svantaggio competitivo delle imprese italiane per quanto riguarda l’internazionalizzazione, a dire il basso livello di tutoring da parte di agenzie di servizio e soggetti istituzionali (il sistema dell’internazionalizzazione che non “fa sistema”; la confusione e sovrapposizione conflittuale tra iniziative nazionali e regionali, ecc.), è percepito in modo meno acuto dalle imprese delle regioni partner di ADC – in particolare Veneto ed Emilia Romagna – grazie ad una migliore infrastrutturazione istituzionale regionale.
Altri vincoli all’internazionalizzazione delle imprese e dei distretti italiani sono dovuti, non solo ma in buona parte, alla limitata dimensione media delle imprese rispetto ai principali paesi competitori. Si aggiunge negli ultimi anni la percezione sempre più acuta del limite strategico-culturale di un approccio “commerciale” che porta a ridurre l’internazionalizzazione a mera delocalizzazione in una logica di cost-cutting.
Il risultato di tutti questi vincoli è richiamato spesso nelle analisi dedicate alle caratteristiche quantitative, settoriali e geografiche dell’internazionalizzazione: rapporto tra stock degli IDE in uscita e Pil più che dimezzato rispetto alla media UE-15 e notevolmente inferiore rispetto ai competitor più vicini; presenza debole nello scenario oligopolistico internazionale; espansione concentrata nelle aree geografiche limitrofe (UE, paesi del mediterraneo, Africa e Balcani).
Interscambio e IDE in uscita (% sul Pil). Posizione dell’Italia rispetto ai principali competitori (2008)
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Interscambio/Pil |
IDE in uscita/Pil** |
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Austria |
113,0% |
133,6% |
I |
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Francia |
55,4% |
39,7% |
XI |
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Germania |
88,3% |
35,7% |
XIV |
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Italia |
58,2% |
23,4% |
XVIII |
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UE-27 |
22,3%* |
26,0% |
– |
*: Solo interscambio extra-UE; **: L’Austria risulta essere lo stato membro con il massimo rapporto IDE in uscita/Pil; la Francia è in 11-esima posizione, la Germania in 14-esima e l’Italia in 18-esima posizione.
La mancanza di una visione di sviluppo per il territorio di destinazione degli IDE, la conseguente mancata creazione di legami e di “dipendenze virtuose” (in una prima fase in termini di scambio di prodotti, servizi e nelle fasi successive in termini di scambio di risorse umane ed occupazione, innovatività, formazione di skills manageriali e crescita reciproca del sistema delle imprese) causata da una altrettanto mancante visione a lungo termine dell’internazionalizzazione, costituirà nel prossimo futuro un limite sempre più stringente per i sistemi regionali delle imprese italiane. I sistemi regionali italiani di impresa si dovranno sempre più spesso confrontare con una capacità di intervento e presenza da parte di sistemi regionali e delle loro imprese, in primis tedesche, prossima alla logica del parternariato economico territoriale se non del co-sviluppo, essenziale nel nuovo scenario caratterizzato da un offerta ridotta di capitale, da una domanda resa più selettiva, da una maggiore concorrenza tra sistemi territoriali, dalla ritrovata centralità dello sviluppo locale.
Distretti industriali: dalla delocalizzazione al parternariato territoriale?
Informest in qualità di Segretariato Tecnico, ha svolto l’attività di progettazione, gestione e coordinamento del progetto per conto della Direzione Ricerca, Sviluppo e Innovazione della Regione del Veneto. Obiettivi perseguiti: L’ obiettivo principale del progetto è il rafforzamento del marketing territoriale del sistema Adriatico-Danubiano nel mercato globale con lo scopo di sviluppare le economie locali […]